CAPORALATO A FOGGIA LE LORO CRITICITA’ E LE LORO PROBLEMATICHE DI GESTIONE

La moglie, R.L.Bisceglia, del capo del Dipartimento per le libertà civili e immigrazione del Viminale, prefetto in servizio al Viminale braccio operativo del Ministro dell’Interno Lamorgese, Michele di Bari, è tra le 16 persone indagate in un’inchiesta  per caporalato operazione svolta dai carabinieri e della Procura di Foggia. I sostituti procuratori hanno ipotizzata  a vario titolo la  intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro. L’indagine ha portato l’arresto di cinque persone, due delle quali in carcere. 

In carcere sono finiti due cittadini stranieri, un senegalese e un gambiano, mentre nei confronti degli altri tre arrestati da parte dei carabinieri sono stati disposti i domiciliari. Per i rimanenti 11 indagati, la moglie del prefetto Di Bari, è scattato l’obbligo di firma. L’indagine di polizia denominata “Sotto padrone“, che sono iniziate a luglio e ottobre 2020, hanno portato anche a una verifica giudiziaria su oltre 16 aziende agricole riconducibili ad alcuni degli indagati. Su una di queste aziende è socio amministratore la moglie di Michele di Bari, Rosalba Livrerio Bisceglia.

Nell’operazione gli inquirenti hanno riscontrato le condizioni di sfruttamento in cui erano sottoposti i braccianti extracomunitari provenienti dall’Africa, utilizzati a lavorare nelle campagne della provincia di Foggia, tutti “residenti” nella nota baraccopoli di Borgo Mezzanone,accampamento,che nonostante svariate volte è stato chiuso ma rimane sempre aperto, che ospita circa 2mila persone, che vivono in precarie condizioni igienico-sanitarie e in forte stato di bisogno,oltre a esserci tutte le attività illecite,come attestavano svariate operazioni di polizia.

I principali protagonisti che operavano come anello di congiunzione,sono finiti in carcere erano, secondo gli investigatori, “l’anello di collegamento “tra le varie aziende del settore agricolo.Ogni richiesta di operai, i due si attivavano e reclutavano i braccianti all’interno della baraccopoli, provvedevano al trasporto presso i terreni e li sorvegliavano durante il lavoro, pretendendo 5 euro per il trasporto e altri 5 euro da ogni bracciante per l’attività di intermediazione. I principale due reclutatori si occupava anche di dare direttive ai braccianti  in caso di controlli delle forze di polizia.

“un’organizzazione composta tra caporali, titolari,socie autisti delle aziende avevano messo in piedi un apparato quasi perfetto, con una  elevata professionalità nell’organizzare l’illecito sfruttamento della manodopera ,sottolineano i carabinieri,che andava dall’individuazione della forza lavoro necessaria per la lavorazione dei campi, al reclutamento della stessa, fino al sistema di pagamento, risultato palesemente difforme rispetto alla retribuzione stabilita dal CCNL, nonché dal contratto di lavoro, paga per gli operai agricoli a tempo determinato della provincia di Foggia”. Le buste paga, infatti, sono risultate non veritiere, poiché nelle stesse venivano indicate un numero di giornate lavorative inferiore a quelle realmente prestate dai lavoratori,verificate dalle dichiarazioni dei extra comunitari  senza riposi e delle altre giornate di ferie spettanti.

Nello specifico di Rosalba Livrerio Bisceglia, il gip del tribunale di Foggia dichiara “impiegava nella sua azienda manodopera costituita da decine di lavoratori di varie etnie” per la coltivazione dei campi “sottoponendo i predetti lavoratori alle condizioni di sfruttamento” desumibili “anche dalla condizioni di lavoro (retributive, di igiene, di sicurezza, di salubrità del luogo di lavoro) e approfittando del loro stato di bisogno derivante dalle condizioni di vita precarie”. 

Secondo gli inquirenti, la donna aveva rapporti con Bakary Saidy, uno dei due caporali arrestati nell’inchiesta di Foggia. Nell’ordinanza si legge che Saidy portava nei campi i braccianti dopo averli reclutati “in seguito alla richiesta di manodopera avanzata da Livrerio Bisceglia, comunicava telefonicamente il numero di lavoratori necessari “. Lavoratori “assunti tramite documenti forniti dal Saidy” che per questo “riceveva il compenso da Livrerio Bisceglia”. “Porta da Nico tutti i documenti , si sente in una intercettazione agli atti di Rosalba Bisceglie Livrerio. Devi portare prima perché così io devo fare ingaggi, e poi il giorno dopo iniziate a lavorare”.

Nell’azienda agricola in cui era socio amministratore la donna, i lavoratori venivano pagati 5,70 euro l’ora e non oltre i 35 euro.. Inoltre, si legge ancora nelle carte, è stata violata la normativa in materia di sicurezza sul lavoro, in quanto i braccianti erano sprovvisti dei dispositivi di protezione degli infortuni.

Tramite il suo legale  Avv.Ursitti, che difende : “I fatti addebitati alla mia assistita, peraltro molto circoscritti nel tempo e nella consistenza, saranno al più presto chiariti nelle sedi competenti, dove potremo fugare ogni dubbio e, soprattutto, documentare l’assoluta estraneità della mia assistita a qualsivoglia ipotesi di sfruttamento dei lavoratori. D’altra parte, quella dell’azienda è una storia di trasparenza e di legalità con radici antiche. La mia cliente è serena e fiduciosa nell’operato della magistratura”. 

La nostra è un’azienda che fa agricoltura da generazioni, la gestiamo io e le mie sorelle. Sono assolutamente serena per l’accaduto. Saprò dimostrare con carte alla mano la mia assoluta innocenza. Ho sempre pagato regolarmente con bonifici bancari”, si è poi difesa Livrerio Bisceglia.

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