Calabria-Basilicata: Tbc bovina, gli allevatori chiedono la deroga per salvare la transumanza è più veterinari anche cubani

Cosa sta andando accadendo agli allevatori di Calabria e Basilicata ? Esiste un allarme tbc bovina in Calabria e al confine con la Basilicata ma sopratutto nel crotonese . Gli , allevatori hanno fatto una proposta per non sacrificare la transumanza ma sopratutto farla in sicurezza in deroga alla legge anche per gli allevamenti colpiti. Il commissario dell’Asp mette le mani avanti: «Praticabile ma decide il Ministero»

Una deroga alla legge per consentire una transumanza in sicurezza anche agli allevamenti che hanno registrato casi di Tbc bovina, con prosecuzione della profilassi in Sila. È quello che hanno chiesto un centinaio di allevatori riunitisi nella sala consiliare del Comune al commissario dell’Asp, Antonio Brambilla, che dovrà farsi portavoce delle istanze al Ministero. Il commissario Brambilla ha preso impegni rispetto ad alcune soluzioni proposte, da lui ritenute «praticabili», ma ha messo le mani avanti dichiarando agli agricoltori: «Decide il Ministero».

I focolai,esistenti sono in una cinquantina di aziende del Crotonese. Su circa 24mila vacche, sparse in oltre 600 stabilimenti bovini, il 2,8 per cento è risultato positivo al test del gamma interferone. Basta superare la soglia del 2 per cento per far scattare il divieto di transumanza a tutti gli allevamenti, anche quelli non colpiti dall’epidemia. Gli allevatori sono incolleriti e minacciano di scendere in piazza «con le vacche, non più con i trattori», ha annunciato Pietro Megna, organizzatore della riunione alla quale non si sono presentati veterinari né associazioni di categoria, pure invitati.

TBC BOVINA, GLI ALLEVATORI, L’ASP E IL RISCHIO TRANSUMANZA

Ma la grande assente, almeno in un primo momento, era l’Asp, alla quale viene mossa l’ accusa di non essere stata in grado di debellare l’epidemia che galoppa dal 2019. Il commissario Brambilla è giunto soltanto una volta contattato dal presidente della Provincia, Sergio Ferrari, che gli ha chiesto di ascoltare le istanze di un comparto che rischia il tracollo. «Porteremo le vacche di Umbriatico alla rotonda del Passovecchio», ha minacciato, invece, Pietro Greco, sindaco del centro dell’Alto Crotonese che può essere considerato il paese della Podolica, razza bovina progenitrice delle attuali razze da carne italiane.

Una riunione dai toni a tratti accesi, conclusasi con l’esortazione: «Aprite i cancelli e liberate le vacche». «Basta abusi dei veterinari, i nostri capi sono censiti, trasferiamoli in Sila in camion sigillati e consentiamo la transumanza anche agli allevamenti infetti in spazi recintati», ha detto Greco. «Gli strumenti di sorveglianza sanitaria ci sono – gli ha fatto eco Megna – quindi applichiamoli». Megna, in particolare, ha sfornato dati e cifre: come fanno 20 veterinari, di cui alcuni part time, a gestire un patrimonio zootecnico composto da 610 stabilimenti bovini con 24mila vacche, un migliaio di allevamenti ovini con 70mila capi, più almeno 280mila avicoli? «Lollobrigida ha assunto 30 persone, l’Arcea 15. Io chiedo alla Regione Calabria, se non ha soldi per assumere, di trasferire personale da Catanzaro o Reggio. Oppure di reclutare veterinari cubani, come per i medici»

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