PRESCRIZIONE, MANINE E MANONE

Intanto, ricapitoliamo. La prescrizione versione Alfonso Bonafede fu una idea che perfino il partner leghista dello sciagurato “Conte 1”, per bocca di Giulia Bongiorno, dichiarò solennemente -pur votandola- di voler riscrivere appena possibile. Magistratura, per converso, entusiasta. Arrivano (per fortuna) Draghi e Cartabia e, pur a Parlamento invariato, sono tutti d’accordo (tranne i 5 Stelle) che quell’orrore dell’imputato a vita vada quanto prima cancellato. La Commissione Lattanzi sforna una soluzione che piace a tutti: si torni alla prescrizione come appena (2017) riformata dal Ministro Orlando, per di più con alcuni apprezzabili miglioramenti. Ma i 5 stelle minacciano la crisi se non si trova una soluzione che salvi loro almeno la faccia. Nasce così il lodo Cartabia: resta l’interruzione bonafediana della prescrizione con la sentenza di primo grado, però compensata dalla prescrizione processuale (biennale o triennale ma con mille deroghe) in appello. Per inciso, una soluzione ben peggiore innanzitutto per la weltanschauung (si fa per dire) grillina: tu commetti una rapina oggi, vieni processato con rito immediato, sentenza di primo grado dopo sei mesi, prescrizione in appello dopo tre anni, quindi di fatto prescrizione in tre anni e sei mesi invece degli almeno quindici dell’odiato regime precedente. Ma si sa, primum vivere, e poi Conte è un civilista. Siamo ora al Governo di centrodestra, maggioranza parlamentare ben oltre quella di governo, sul ritorno almeno alla Orlando. E invece, non solo è tutto fermo, ma iniziano a girare voci inquietanti su idee governative circa la decorrenza della prescrizione dalla scoperta del reato, antica passione delle toghe. Rivolta nella stessa maggioranza, in speranzosa attesa di smentite al momento non pervenute. Ed eccoci al punto: quale sarebbe la matrice politica di questa devastante proposta? Quale dei partiti della coalizione di Governo? Esiste un nome, un volto del proponente, un luogo e una occasione dove essa è stata partorita? Il Presidente di ANM, intanto, pur con qualche blando distinguo, puntualmente si compiace e ne “condivide lo spirito”. Autorevoli commentatori parlano di “proposta pacificatrice” tra Ministro e magistratura. Noi penalisti, inascoltati, stiamo da tempo lanciando l’allarme. Ci sono manine e manone che operano, attivissime ed indisturbate, e orientano ed indirizzano quotidianamente la politica della giustizia nel nostro Paese, fuori dalla rappresentanza democratica nei partiti e nei gruppi parlamentari. Vogliamo cominciare a parlarne seriamente? Vogliamo accenderla una volta per tutte questa luce sulla magistratura ministeriale, su come essa opera ed entro quali limiti? E soprattutto, qualcuno ci risponda: perché mai in Italia, caso unico di commistione tra poteri “nell’orbe terraqueo”, si consente alla magistratura di così liberamente operare al governo della giustizia?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: