Concorso in magistratura, clamorosa decisione del Consiglio di Stato

Con una sentenza storica viene superato il granitico orientamento secondo cui la Commissione del concorso in magistratura godrebbe di discrezionalità assoluta nella valutazione dei compiti dei candidati, ritenendo illogica la bocciatura comminata a un candidato e imponendone la ricorrezione. Il provvedimento dopo il ricorso, accolto, dello studio del messinese Delia e il collega Bonetti. 

La vicenda

Il giovane candidato siciliano aveva ottenuto due votazioni ampiamenti sufficienti nelle prime due prove (di Diritto penale e Amministrativo) ed era stato ritentuto non idoneo all’esito della terza. In particolare in quest’ultima prova la Commissione, in ragione dell’esistenza di un opinione di dissenso tra i Commissari all’attribuzione della il  non idoneità, aveva investito la Commissione in composizione Plenaria. In tale ambito la bocciatura venne confermata.
Il T.A.R. Lazio, a cui il candidato si era rivolto, ha fatto proprio un risalente e consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudizio della Commissione sarebbe insindacabile in sede di legittimità a meno di elementi di irragionevolezza manifesti che, “contrariamente a quanto dedotto dal medesimo ricorrente” nella specie non vi erano anche in quanto “il giudizio espresso dalla commissione è esaustivo e legittimo”.

Una sentenza storica”

Commenta l’avvocato Santi Delia: “l Consiglio di Stato, infatti, ha superato il proprio granitico orientamento secondo cui la Commissione del concorso in magistratura godrebbe di discrezionalità assoluta nella valutazione dei compiti dei candidati, aprendo una nuova traccia da seguire nella valutazione degli elaborati. Pur a fronte della mancanza di motivazione, difatti, siamo riusciti con l’ausilio di una perizia di parte (che il Consiglio di Stato ha valorizzato per comprendere l’iter logico seguito dalla Commissione) e del confronto con gli altri compiti degli ammessi, a coniare un metodo di analisi che, per usare le parole di Palazzo Spada, “si palesa attendibile”. È forse giunto il momento, a quasi 100 anni dalle norme del 1924, di una riforma?”, conclude Santi Delia.

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