Foggia, un killer professionista dal Gargano per uccidere Prencipe

L’agguato al boss: la «firma» una fucilata sul volto, ma non è l’unico segno lasciato.

Il metodo mafioso utilizzato per l’uccisione del pregiudicato Salvatore Prencipe viene considerato garganico. Gli inquirenti pensano che sia stato commissionato alla mafia garganica. L’ex o membro della “Società foggiana” Salvatore Prencipe oggi sembrava a riposo ma si muoveva in maniera da non farsi notare. La Dda e squadra mobile che indagano sull’omicidio del 20 maggio svolto in viale Kennedy al quartiere Cep, davanti l’abitazione dei genitori, dove il 60enne Prencipe viveva. Ricordiamo ai lettori di Youfoggia.com che la sera del 20 maggio il Principe uscito di casa alle 21,00 si era seduto nella sua autovettura con un familiare, appena il tempo di sedersi alla guida della “Mercedes” quando il killer a volto coperto è sopraggiunto a piedi dal lato sinistro dell’abitazione, sparando la prima fucilata, bucando il parabrezza e ferendo al petto,il secondo colpo lo ha preso al volto a distanza ravvicinata uccidendolo.

Gli investigatori hanno dei dubbi sull’arma utilizzata.Visto l’entita del danno si pensa ad un fucile con le canne tagliate. Arma utilizzata, da chi indaga,prova certa della firma garganica. Proprio per il metodo utilizzato e per la l’entita del danno della potenza di fuoco,si pensa che sia stato un sicario venuto dal Gargano. 

Ipotesi al vaglio degli inquirenti .La procura pensa  in base alla storia dei vari attentati svolti.L’ultimo pentito della “Società” è il sammarchese Patrizio Villani affiliato al clan Sinesi/Francavilla condannato a 30 anni per un omicidio commesso a Foggia il 29 ottobre 2016 nell’ambito dell’ultima guerra di mala. Il foggiano Massimo Perdonò, nipote del boss Rocco Moretti, è stato condannato a 12 anni perché il clan lo prestò al gruppo Romito che voleva vendicare un congiunto e uccidere a Manfredonia il 18 febbraio 2018 Giovanni Caterino, presunto basista (condanna all’ergastolo in primo e secondo grado) della strage del 9 agosto 2017 nelle campagne di San Marco in cui il clan Libergolis pur di ammazzare Mario Luciano Romito assassinò anche cognato e due agricoltori in transito. E ancora: all’agguato del 6 settembre 2016 in cui a Foggia furono feriti il boss Roberto Sinesi e il nipotino di 4 anni, avrebbero partecipato due garganici insieme a due foggiani stando al racconto del pentito Carlo Verderosa.

Vero che il ricorso alla lupara e il colpo al volto quasi si voglia cancellare l’esistenza della vittima, è tipico degli omicidi sul Gargano, ma non è una firma esclusiva. Il fucile è comparso in altri due agguati recenti in città. La sera del 17 maggio 2022 davanti al carcere fu ucciso Alessandro Scrocco, 31 anni, di Foggia, che scontava in regime di semilibertà (usciva alle 7 dalla cella per andare al lavoro, rientrava entro le 20) 15 anni per aver ammazzato un vicino di casa il 2 gennaio 2010 dopo un litigio avvenuto il giorno prima. Il killer che si nascose dietro le auto parcheggiate nel piazzale antistante la casa circondariale e atteso l’arrivo in macchina di Scrocco per freddarlo quand’era ancora all’interno dell’abitacolo, utilizzò un fucile per poi fuggire sull’auto guidata da un complice: sequenze riprese dalle telecamere del carcere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: