Cerignola(FG): Definitive le condanne per concussione a due medici della ASL di Foggia chieste tangenti per aborti rapidi
Le condanne per concussione nei confronti di un ginecologo e di un anestesista in servizio presso l’ospedale di Cerignola, in provincia di Foggia, sono diventate definitive: entrambi dovranno scontare pene superiori ai quattro anni. I due medici, oggi settantenni, erano finiti sotto inchiesta nel 2014, accusati di aver chiesto denaro a diverse pazienti — alcune delle quali minorenni — per effettuare tempestivamente interventi di interruzione volontaria di gravidanza.
Le indagini, condotte dai carabinieri e coordinate dalla Procura di Foggia, presero avvio nell’ottobre 2013 dopo la denuncia di alcune donne che riferirono di dover consegnare 100 euro per ogni intervento, pena l’allungamento dei tempi o il mancato accesso alla procedura. Le prove raccolte, tra cui intercettazioni telefoniche e ambientali, non lasciarono spazio a dubbi. Emblematica una delle frasi captate: «Se paghi lo facciamo subito».
In totale, sono stati documentati almeno una ventina di episodi. Le somme contestate ammontano a 1.800 euro per il ginecologo O.B., 72 anni, barese, ancora in servizio al momento della condanna, e a 300 euro per l’anestesista, anch’egli 72enne, di Cerignola, in pensione dal 2014. Il primo dovrà scontare una pena di 4 anni, 7 mesi e 20 giorni; il secondo, 4 anni e 1 mese. Vista l’età, a entrambi è stata concessa la detenzione domiciliare.
Durante tutto il procedimento, che ha avuto uno sviluppo processuale lungo e complesso, i due medici si sono sempre difesi sostenendo che le somme fossero offerte spontaneamente dalle pazienti e che nessuna fosse stata obbligata. Tuttavia, per i giudici, la condotta configurava pienamente il reato di concussione, anche alla luce del ruolo di potere esercitato dai sanitari in un contesto delicatissimo come quello dell’interruzione di gravidanza.
Con la pronuncia definitiva della Cassazione, si chiude così un capitolo giudiziario che aveva scosso l’opinione pubblica e sollevato interrogativi profondi sull’accesso sicuro, equo e gratuito ai diritti sanitari fondamentali.