Manfredonia(FG): Maltrattamenti alla RSA di Siponto- Aggiornamenti sulla Situazione

La recente vicenda riguardante presunti maltrattamenti presso la RSA di Siponto ha scosso profondamente la cittadinanza e sollevato domande cruciali sulla tutela degli anziani e sulla qualità delle strutture di assistenza. A seguito di questi avvenimenti, molti si chiedono a che punto siamo nell’indagine e quali misure siano state adottate per affrontare questa delicata situazione.
A distanza di quasi due anni le indagini non si chiudono, ben oltre i limiti fissati dalla Cartabia, nonostante l’ordinanza cautelare del GIP con gli arresti di quattro lavoratori e grazie alla collaborazione di altri colleghi dei presunti maltrattatori, che hanno dichiarato che la direzione aziendale sapeva tutto, salvo essere licenziati per le loro dichiarazioni in SIT.
La tesi dell’azienda sanitaria di LA TORRE è quella dei tre omertosi : non ho visto, non ho sentito, non ho parlato.
Una tesi sposata con passione dagli inquirenti del commissariato PS di Manfredonia, che si sono avvalsi della iniziale collaborazione di un lavoratore denunciante anonimo (per l’azienda), che dopo la denuncia non concordata con l’azienda (secondo gli inquirenti e il denunziante) cessa il rapporto con La Torre 1 a Siponto(FG) e inizia immediatamente un nuovo rapporto con qualifica superiore con La Torre 2 a San Giovanni Rotondo, dove il lavoratore risiede.
Dopo la rimozione/promozione il lavoratore eroe o forse no accompagna gli inquirenti, sempre ignara l’azienda, in una irruzione notturna a Siponto, per installare le telecamere.
Stessa operazione a giugno 2022 viene effettuata dagli inquirenti al terzo piano dell’ex Manicomio del Don Uva di Foggia, dove però le videocamere sono inizialmente quelle di Universo salute, che ha collaborato attivamente con gli inquirenti (Carabinieri del N.A.S.), come dichiarato pubblicamente da Telesforo.
L’irruzione notturna del collaboratore e degli agenti di Ps viene scoperta dai due OSS di turno, che vengono rinchiusi nell’infermeria dopo aver sottratto i cellulari per impedire la comunicazione con l’esterno. Verranno liberati dopo l’installazione dell’apparecchiatura di captazione, con l’invito a fare silenzio sull’accaduto. Senza però nominare i due OSS come ausiliari di Polizia Giudiziaria, per garantire ad essi l’immunità da eventuali ritorsioni da parte dell’azienda.
E di tutto questo, naturalmente, l’azienda non sapeva nulla, neanche che l’ex collaboratore aveva le chiavi della struttura di Siponto per l’accesso notturno.
Una storia da Topolino e la banda bassotti, dove i ruoli si scambiano.
Quattro OSS vengono sentiti per sommarie informazioni, tra cui uno di quelli che la notte dell’irruzione era di servizio in azienda, che confermano che vi erano colleghi che maltrattavano i pazienti ma che l’azienda sapeva tutto, direttrice e infermieri, vi erano i rapportini di servizio giornalieri e le informazioni erano scambiate con le fotografie dei visi lesionati dei pazienti sulle chat aziendali. Ma l’azienda non aveva preso provvedimenti contro i violenti anzi il più violento degli OSS l’aveva promosso coordinatore dei due piani.
Le dichiarazioni dei lavoratori collaboranti vengono riportati nell’ordinanza cautelare del GIP senza nessuna cautela a protezione e senza nessuna indagine nei confronti dell’azienda per accertare le responsabilità omissive e/o commossive nei confronti della direttrice e degli infermieri.
Anzi l’ordinanza cautelare di misure custodiali verso i 4 OSS maltrattatori viene consegnata all’azienda, che la utilizza per contestare ai lavoratori che avevano collaborato con la giustizia che era falso che gli episodi di violenza erano noti all’azienda e che la direttrice e gli OSS ne erano informati.
I lavoratori reagiscono confermando che l’azienda sapeva tutto e non ha fatto nulla per fermare i violenti, e denuncia penalmente la direttrice.
Ma gli inquirenti non avviano nessuna indagine seria sulle responsabilità della struttura e i lavoratori denuncianti vengono licenziati e i giudici del lavoro in primo grado confermano la versione dell’azienda, senza sentire testimoni che confermino che l’azienda sapeva tutto ed è l’unica responsabile di violenze commesse da altri colleghi. Secondo i giudici i lavoratori dovevano denunciare agli inquirenti, come aveva fatto il loro collega passato da LA TORRE 1 a LA TORRE 2, per poi cessare il rapporto a termine dopo l’ordinanza cautelare pubblicata anche su internet. Alla faccia della presunzione di innocenza di chi è innocente a prescindere perché collaboratore di giustizia.
Una storia assurda di malagiustizia che viene raccontata anche sulla televisione nazionale, dove il giornalista dimostra di non credere alla versione del denunziante eroe e all’estraneità dell’azienda dai fatti e anche dalla denuncia.
Ecco probabilmente il motivo per cui le indagini preliminari non si sono ancora chiuse e non si chiuderanno mai e il processo è destinato al dimenticatoio della prescrizione, il lavacro dei gravi errori commessi nell’attività di indagine senza approfondire le vere cause della situazione di maltrattamenti ai pazienti.
A pagare sono solo i più deboli, i pazienti maltrattati e i dipendenti licenziati senza aver fatto nulla, per nascondere la mancanza di regole sul modello organizzativo e gestionale imposto dal d.lgs.231/2001, mai attuato dalla RSA di Siponto, che solo per questo motivo doveva essere chiusa.
Le accuse di maltrattamenti presso la RSA di Siponto hanno generato indignazione e preoccupazione tra i cittadini, che si sono chiesti come sia stato possibile che tali episodi avessero luogo all’interno di una struttura deputata alla cura e al benessere degli anziani.
La vicenda ha evidenziato la necessità di rafforzare i controlli e le misure di vigilanza nelle RSA, al fine di prevenire abusi e garantire un ambiente sicuro e rispettoso per gli ospiti.
Le autorità competenti non possono accettare una realtà di comodo su di chi è la responsabilità, dell’azienda o dei dipendenti.Le RSA private o pubbliche devono avere regole certe e non improvvise per evitare gli episodi di maltrattamenti, devono impegnarsi seriamente e a 360 gradi nel raccogliere prove e testimonianze al fine di fare luce su quanto accaduto e individuare eventuali responsabilità.
È fondamentale che l’indagine venga condotta in modo rigoroso e trasparente, garantendo che giustizia sia fatta, senza coinvolgere coloro che non solo non hanno commesso abusi ma hanno collaborato con la giustizia.
A tal proposito l’indagine parallela sui fatti del Don Uva hanno portato gli inquirenti, sulla base delle sollecitazioni anche di YouFoggia.com e del giornalismo locale, ad approfondimenti che hanno portato ad estendere ai vertici aziendali gli accertamenti delle responsabilità dell’accaduto e probabilmente a scagionare la gran parte dei lavoratori che hanno ricevuto misure cautelari anche custodiali.
Lo sforzo degli inquirenti su Stella Maris non può essere soltanto quello di far ritirare la denuncia penale ai lavoratori ma di cercare la verità, trascrivere le conversazioni chat, ascoltare i familiari dei pazienti che hanno riportato lesioni, analizzare i rapporti giornalieri confrontati con le testimonianze dei lavoratori.
Nel frattempo, vanno adottate diverse misure per affrontare la situazione e prevenire future violazioni dei diritti degli anziani all’interno delle RSA.
Tra queste, vi sono controlli più stringenti sul personale, formazione specifica sulle norme etiche e comportamentali da rispettare nei confronti degli ospiti, nonché un rafforzamento della supervisione e della vigilanza da parte delle autorità competenti.
È importante che vengano adottate misure concrete per migliorare le condizioni di vita e il trattamento degli ospiti all’interno di tali strutture, garantendo loro dignità, rispetto e qualità dell’assistenza.
In conclusione, la vicenda dei presunti maltrattamenti presso la RSA di Siponto rimane al centro dell’attenzione della comunità locale, con l’indagine in corso e le autorità che devono più attivamente impegnarsi nel fare luce su quanto accaduto.
È fondamentale che vengano adottate misure concrete per affrontare la situazione e prevenire future violazioni dei diritti degli anziani all’interno delle RSA, assicurando loro un ambiente sicuro e rispettoso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: