GARANTISTI E GIUSTIZIALISTI

Il Governo Meloni ha dunque varato, per di più con decretazione di urgenza, la più sostanziosa e micidiale estensione del potere di intercettazione delle conversazioni tra privati della storia repubblicana. Il regime già eccezionale delle intercettazioni quando si è in presenza di associazioni mafiose, viene ora esteso anche a reati comuni che il PM ritenga commessi “con modalità mafiose”. Insomma, mentre per poter fare uso di quei poteri davvero eccezionali di ascolto era almeno necessario che vi fossero indizi del reato di associazione mafiosa, ora sarà sufficiente la agevole contestazione di quella fumosa aggravante per consentirlo per una assai vasta platea di reati comuni. Ciò che la Corte di Cassazione (non un manipolo di penalisti esagitati) aveva fermamente escluso con costante giurisprudenza, a difesa dell’art. 15 della Costituzione, viene ora reso possibile dal Governo con il Ministro di Giustizia più dichiaratamente liberale degli ultimi decenni, in deferente ossequio alle pressanti richieste di alcune Procure (o super Procure) di mettere a tacere quella giurisprudenza così rigorosamente fedele al quadro dei valori costituzionali. Un paio di settimane fa ci chiedevamo, da queste colonne, come avrebbe mai potuto il Ministro Nordio giustificarsi per una simile scelta (allora solo preannunciata dalla Presidente Meloni): oggi lo sappiamo. Alle impietose domande del bravo Francesco Grignetti su La Stampa, il Ministro ha sbrigativamente risposto che la misura serve solo a rendere “più incisivi” gli strumenti di indagine, ed anzi a “tipizzarne” l’uso, in ossequio al principio della certezza del diritto (sic!). Aggiungeva poi, in modo risolutivo, di non avvertire alcuna contraddizione con i propri convincimenti giacchè la dicotomia garantisti / giustizialisti è fuffa, esistendo solo “la complessità della realtà”. Pensate che ingenui noi siamo: eravamo convinti che, pur nel rispetto della complessità della realtà, un ministro liberale eletto e scelto dalla propria maggioranza esattamente per tale sua qualità, dovesse realizzare da subito riforme liberali. Invece, dopo aver parlato senza tregua proprio della riforma liberale delle intercettazioni telefoniche quale snodo cruciale ed identitario della propria politica della giustizia penale, il Ministro Nordio vara una riforma di segno plasticamente opposto, in ossequio -ben si intende- alla complessità della realtà. La quale ultima suggerisce anche -ci ricorda il Ministro- tempi lunghi per la separazione delle carriere, perché lì necessita una riforma costituzionale, e le priorità ora sono altre. Ed anche qui ci siamo scoperti ingenui, per aver pensato -che stupidi- che proprio trattandosi di una riforma costituzionale dai tempi lunghi, essa avrebbe dovuto iniziare il suo percorso quanto prima possibile. Quanto alla superflua dicotomia tra garantismo e giustizialismo, potrà essere utile sapere che la risposta di Nordio è quasi testualmente identica a quella che diede il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il 7 febbraio 2020. Anche la transustanziazione di Nordio in Conte deve probabilmente avere a che fare con la “complessità della realtà”.

Gian Domenico Caiazza

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