Canosa:Una holding che copriva tutta Italia una squadra che faceva scavi clandestini con traffico di reperti archeologici

Una operazione che ha fatto scoprire un commercio nazionale e internazionale che partiva da Canosa. 

 Il mega blitz che ha evidenziato un mega traffico di reperti archeologici in Puglia che arrivava in tutta Italia. I Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale insieme al reparto speciale, Ros di Roma, e con lo Squadrone eliportato «Cacciatori Puglia»,hanno eseguito  21 provvedimenti restrittivi e decine di perquisizioni, nei confronti di soggetti appartenenti a una banda dedita a scavi clandestini, ricettazione e illecita commercializzazione, in ambito nazionale ed internazionale, di importantissimi reperti archeologici, di valore storico culturale inestimabile e commerciale ingente.

L’operazione, scaturita:

Da una lunga e complessa indagine,  coordinata dalla Procura della Repubblica di Trani e svolta dai Carabinieri dell’Arte di Bari, al comando del Ten.Col.G.Di Bella i militari coinvolti ne sono stati ben 300 dell’Arma. 

Quanti provvedimenti cautelari sono stati notificati:

Ben sedici i provvedimenti cautelari scattati fra Puglia, Basilicata, Campania, Lazio e Abruzzo da come si evince hanno coperto meta penisola.

Quanti sono stati gli arrestati:

Hanno portato all’arresto di 16 persone e alla esecuzione di cinque misure tra obblighi di dimora e firma.

Chi sono gli arrestati: 

In  carcere sono andati:Carmine Crispino, originario di Cimitile (Napoli), Paolo Treviso di Ordona (Foggia), Antonio Tarantino di Canosa di Puglia (Barletta-Andria-Trani) e Paolo Carella di Lavello (Potenza), altri 12 sono ai domiciliari e cinque sono stati sottoposti a obblighi di firma e dimora.

La Procura di Trani(bt) ha considerato i  componenti una associazione specializzata nel recupero e traffico di reperti archeologici. 

I reati Contestati:

Accusati, a vario titolo, di scavi clandestini, ricettazione e illecita commercializzazione – nazionale e internazionale – di reperti archeologici di valore sia storico-culturale sia commerciale inestimabile.

L’operazione denominata Canusium. Le indagini sono durate 13 mesi  e sono iniziate nel corso di una attività di prevenzione e contrasto alla criminalità svolta con sorvoli aerei che hanno permesso di rilevare, all’interno di aree archeologiche, irregolarità. I successivi accertamenti investigativi hanno confermato la presenza di scavi clandestini e il traffico illegale di reperti.

Il gruppo, secondo gli investigatori, aveva dei tombaroli che si occupavano di scavi illeciti e ricettatori – della zona e di aree diverse dalla Puglia – che con l’aiuto di trafficanti di reperti archeologici piazzavano vasi e monete su mercati clandestini internazionali e nazionali. In questo modo gli indagati avrebbero avviato un «fiorente canale commerciale di monete archeologiche» che dalla Puglia e Campania «venivano cedute dai vari ricettatori ai diversi trafficanti internazionali» che le immettevano sul mercato illecito globale attraverso case d’asta estere».

Nel corso dell’attività investigativa sono stati recuperati 3.586  reperti. Si tratta di monete, monili, brocche, crateri a campana, skyphos, kantharos, lucerne e fusi in ceramica di periodi storici differenti. Ci sono infatti monete del periodo romano repubblicano (III-II secolo avanti Cristo), imperiale (I secolo avanti Cristo) e alcune del IV secolo avanti Cristo.

Il magistrato preposto dalla Procura di Trani  dott.Francesco Tosto che ha evidenziato  “Il il traffico, la circolazione illecita di questi tesori, il disvelamento di un autentico mercato sotterraneo di beni archeologici, specie di quelli numismatici, è un fenomeno che porta con sé un valore economico particolarmente rilevante,è forse percepito di più oltre i confini nazionali ma innegabile”.

Ha evidenziato nella conferenza stampa “La circolazione illegale di vasi e monete crea una sorta di economia parallela ,grazie a una struttura piramidale che si poggia sui tombaroli affiancati da ricettatori sempre più raffinati, fino ad arrivare a chi consente l’ingresso dei reperti nei circuiti di diffusione che ne rende difficile il recupero”. Ha precisato “Il territorio di Canosa,Ordona, fonte di approvvigionamento dei beni, è stato il focus iniziale delle indagini ed è ricchissimo dal punto di vista storico e archeologico e la tutela deve essere un valore assolutamente preminente,-inoltre ha voluto precisare – il depauperamento che questi fenomeni comportano incide sulla memoria collettiva e storica, ma anche sulla possibilità di valorizzazione economica e sulla fruizione di questi beni”.

Ordinanza condivisa dal G.I.P. 

Ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Trani, dott.Ivan Barlafante, lo stesso ha ricostruito le modalità con cui il gruppo con una organizzazione piramidale era solito muoversi. Alla base ci sono i tombaroli che individuano la zona in cui scavare e recuperare i reperti tra cui preziose monete in oro il cui valore si aggira attorno ai 50-60mila euro.,Il procuratore di Trani  Nitti,ha aggiunto che -c’è poi un doppio livello di ricettatori, il primo ha contatto diretto coi tombaroli, il secondo con i trafficanti internazionali”.

I reperti avevano un alto valore 

I reperti recuperati  è impossibile stimare il valore perché incommensurabile, ha evidenziato il comandante del nucleo di tutela del patrimonio culturale dei carabinieri ten.col.Giovanni Di Bella

“La premessa è la straordinarietà del territorio, specie di Canosa e Ordona, sono reperti che rappresentava un momento straordinario perché per un certo periodo è stato il centro romano di maggiore importanza, è stato il capoluogo di Apulia et Calabria quindi di quella che corrisponde oggi alla Puglia. Questo aspetto, unito alla morfologia del territorio, ha permesso di realizzare nel sottosuolo di Canosa un museo non ancora scoperto dove c’è una quantità di reperti straordinaria che  la sovrintendenza hanno consentito solo in parte oggi di valorizzare e che, purtroppo, sarebbe costantemente depredata se non ci fosse lo sforzo dei carabinieri del nucleo tutela del patrimonio.

Quanto personale è stato impegnato:

Per questa operazione abbiamo impiegato  i Cacciatori di Puglia che sono specializzati nella ricerca di latitanti perché, in fin dei conti, i beni culturali saccheggiati sono latitanti della cultura, sono dei ricercati particolari: della cultura». Lo ha detto il tenente colonnello Andrea Ilari, comandante del gruppo tutela patrimonio culturale di Roma con competenze per il Centro e il Sud Italia nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Trani e relativa all’operazione Canusium contro il traffico illecito di reperti archeologici.

C’è un territorio che di fatto è stato saccheggiato e depredato. ùAbbiamo trovato migliaia di monete in bronzo, argento, oro che hanno valori che vanno dai 15mila ai 60mila euro ciascuna – ha continuato il comandante – stiamo parlando di filiere di predoni rapaci che ci fanno i soldi. E che hanno una percezione generalizzata di essere di fronte a un reato minore: non è così. Visto anche l’inasprimento della legge che ha finalmente reso più dure le pene».

«Questa operazione dimostra che il nostro territorio custodisce tanti tesori. Tesori, preda di tombaroli, ricettatori e broker internazionali, che spesso finiscono all’estero. Il contrasto di questa holding criminale, che qualcuno chiama la mafia dell’arte, è il nostro impegno costante».

Il generale di brigata Vincenzo Molinese:

Comandante del nucleo tutela del patrimonio culturale dei carabinieri ha dichiarato “L’indagine dimostra  che il fenomeno legato al traffico illecito di reperti archeologici è vivo e molto attivo e recuperare dall’estero quanto è stato trafugato è un’attività impegnativa che svolgiamo con la magistratura competente, con i magistrati che fanno parte delle strutture giudiziarie internazionali e con la componente diplomatica del ministero della Cultura, che è fondamentale per riottenere quanto è nostro e che ci è stato depredato.

Il Ministro Sangiuliano ha dichiarato:

«Lo Stato c’è e tutela le nostre ricchezze  sono felicissimo che le forze dell’ordine abbiano colpito in modo così deciso l’azione predatoria dei trafficanti di reperti archeologici a danno della città di Canosa di Puglia, sito preziosissimo per l’archeologia del nostro paese

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