Puglia, la sinistra affonda Decaro: la legge anti-sindaci divide il centrosinistra
Un emendamento lampo riapre lo scontro sulla norma che blocca i sindaci-candidati. Il centrosinistra si spacca: in nove votano contro il proprio candidato. Il centrodestra osserva… e sorride.
In Puglia la sinistra spara su Decaro: una guerra fratricida che mina il centrosinistra e fa il gioco del centrodestra
In Puglia sta andando in scena una delle pagine più paradossali — e a tratti tragicomiche — della politica regionale recente. L’ex sindaco di Bari, Antonio Decaro, candidato in pectore del centrosinistra per le prossime elezioni regionali d’autunno, si ritrova ostacolato non dal centrodestra, ma da una parte consistente del suo stesso schieramento. Un cortocircuito istituzionale e politico che racconta molto dello stato di salute (o malattia) del sistema pugliese.
Il casus belli è ormai noto: la cosiddetta “legge anti-sindaci”, che richiede le dimissioni dei primi cittadini almeno sei mesi prima della fine della legislatura se intendono candidarsi alle regionali. Una norma dal retrogusto smaccatamente personale: sarebbe più corretto chiamarla “comma anti-Decaro”, come già definita durante la prima approvazione lampo nel dicembre 2024.

Il cuore della vicenda non è solo giuridico, ma profondamente politico: è in atto un vero e proprio tentativo bipartisan di sbarrare la strada ai sindaci — e in particolare a quelli arruolati da Decaro — con un messaggio chiaro e forte: chi è radicato sul territorio e gode di consenso popolare dà fastidio. E va fermato.
La strana alleanza che fa tremare Decaro
La seduta consiliare di ieri ha rappresentato un punto di svolta. I consiglieri di centrodestra hanno presentato un emendamento alla legge sul Terzo Settore — con una mossa che sa tanto di cavallo di Troia — per accorciare il termine di dimissioni da 180 a 45 giorni. Una forzatura regolamentare e politica, passata con voto segreto (21 favorevoli), ma senza il quorum assoluto previsto di 26 voti. Una vittoria mutilata e contestata, ma efficace nel suo obiettivo: riaprire la battaglia contro i sindaci-candidati.
A peggiorare le cose, è stato il comportamento ambiguo della stessa maggioranza. Quando il capogruppo di “Per la Puglia”, Antonio Tutolo, ha provato a ripristinare il sistema precedente — che prevedeva solo l’incompatibilità post-elezione e non l’incandidabilità preventiva — la proposta è stata clamorosamente bocciata. Con 28 voti contrari, ben 9 arrivati dal centrosinistra. In pratica: il fronte anti-Decaro è anche (e forse soprattutto) interno.
Un regolamento usato come arma politica
L’intera vicenda assume contorni inquietanti. Si usa una legge elettorale per regolare i conti all’interno delle forze di maggioranza, piegando le regole alle esigenze del momento e dei singoli. Il bersaglio è uno solo: Antonio Decaro. Il suo tentativo di costruire una coalizione popolare basata su sindaci notoriamente radicati e votati (come Toni Matarelli a Mesagne, Giovanna Bruno ad Andria, Francesco Zaccaria a Fasano) viene vissuto come una minaccia diretta da consiglieri e assessori uscenti, timorosi di perdere consenso e seggi.
È la politica della paura e della conservazione del potere a ogni costo.
Non conta la forza elettorale, non conta la capacità amministrativa, non conta nemmeno il bene del centrosinistra in vista della sfida regionale. Conta solo blindare le posizioni interne, anche al prezzo di spaccare la coalizione.
Il centrosinistra che si autodistrugge
La parabola è chiara: il centrosinistra pugliese rischia di consegnarsi al centrodestra non per mancanza di candidati, ma per eccesso di lotte intestine. Le faide, le ambizioni personali, le piccole vendette di palazzo hanno avuto la meglio sulla costruzione di un progetto politico solido. Antonio Decaro, che poteva rappresentare una figura aggregante, sta diventando invece un simbolo divisivo. Non per suoi demeriti, ma per il timore che suscita.
Il messaggio è drammatico: chi ha consenso, va fermato; chi porta voti, è pericoloso; chi non appartiene agli equilibri interni precostituiti, è un nemico. Una strategia suicida per la sinistra pugliese, che in nome del bilancino interno rischia di perdere la regione.
Il centrodestra osserva… e sorride
In tutto questo, il centrodestra può limitarsi ad osservare. Ha ottenuto il massimo risultato con il minimo sforzo: l’avversario più pericoloso si sta facendo fuori da solo. Le divisioni nel centrosinistra, il caos normativo, l’incertezza sulle regole elettorali: tutto gioca a favore di una destra che non deve nemmeno sporcarsi troppo le mani.
A meno di un clamoroso cambio di rotta, la Puglia rischia di diventare l’ennesimo laboratorio di autolesionismo politico. E se il centrosinistra dovesse perdere, i responsabili non andranno cercati tra gli elettori o gli avversari, ma tra i banchi di una maggioranza che ha preferito il fuoco amico alla costruzione di un futuro comune.