Generale Vannacci, adesso basta! Il Nuovo Sindacato Carabinieri prende posizione: “Questi modi e affermazioni non ci appartengono”
di [Cesare Bifaro]
Il 26 giugno scorso, durante un comizio a San Marco in Lamis, l’eurodeputato della Lega ed ex generale dell’Esercito Roberto Vannacci è tornato al centro della polemica per alcune affermazioni pronunciate pubblicamente. Il passaggio più controverso riguarda un’ironica proposta di “mandare al fronte” i partecipanti al gay Pride, espressa con un tono che lo stesso Vannacci ha definito “sarcastico”.
La frase, però, ha suscitato una dura reazione da parte del Nuovo Sindacato Carabinieri (NSC), per bocca del suo segretario nazionale Vincenzo Incampo. “Generale Vannacci, adesso basta! Questi modi e affermazioni non ci appartengono”, ha dichiarato Incampo, sottolineando come simili uscite, anche se mascherate da ironia, “offendono, discriminano e rischiano di legittimare forme di violenza verbale e sociale”.
La posizione del sindacato: una presa di distanza netta
Il Nuovo Sindacato Carabinieri ha voluto prendere una posizione chiara e pubblica, non solo per marcare una distanza dalle dichiarazioni di Vannacci, ma anche per riaffermare i valori fondamentali che animano l’Arma dei Carabinieri e i suoi uomini: tutela dei diritti di tutti, contrasto alla discriminazione e difesa della coesione sociale.
Secondo Incampo, “gli atteggiamenti dell’ex alto ufficiale militare gettano fango sui tanti uomini e donne in divisa che, con dedizione e senso dello Stato, si impegnano quotidianamente a tutelare i diritti di tutti”. È un’accusa forte, ma che si fonda sulla necessità – soprattutto in un momento storico delicato – di ribadire un’etica istituzionale improntata al rispetto e alla neutralità.
La replica di Vannacci: “Le mie parole sono state travisate”
Di fronte all’ondata di critiche, Vannacci ha diffuso un comunicato in cui sostiene di essere stato frainteso: le sue parole, ha detto, sono state “estrapolate dal contesto” e manipolate da alcuni organi di stampa. Il tono, afferma, era volutamente ironico e non voleva essere offensivo nei confronti di nessuno.
Tuttavia, quando si ricoprono ruoli pubblici, specialmente da rappresentanti eletti in sedi come il Parlamento europeo, l’ironia su certi temi può risultare pericolosa. È il caso dell’ironia che sfocia nello stereotipo, nella discriminazione implicita, o che legittima – anche indirettamente – atteggiamenti di odio verso categorie già spesso bersaglio di pregiudizi.
Chi ha ragione?
La questione non si riduce semplicemente a chi abbia “ragione” tra Vannacci e il NSC. La vera domanda è: quale società vogliamo rappresentare, e con quali parole vogliamo farlo?
Il sindacato dei Carabinieri ha espresso un punto fondamentale: chi indossa la divisa – o chi l’ha indossata in passato – ha una responsabilità morale e pubblica superiore. Non si può scherzare, anche con “tono sarcastico”, su categorie fragili o sulle differenze. Farlo, in tempi in cui i diritti delle persone LGBTQ+ vengono ancora messi in discussione, è quanto meno inopportuno.
Al tempo stesso, non si può ignorare che viviamo in un’epoca dove la comunicazione politica gioca spesso sul filo della provocazione. Ma ciò che può “funzionare” in termini di visibilità o consenso elettorale, può essere profondamente dannoso per il tessuto sociale.
Conclusione
Il caso Vannacci non è solo un incidente comunicativo. È lo specchio di un conflitto più ampio tra due visioni del ruolo pubblico: da una parte, chi crede che la libertà di parola debba poter spingersi ovunque, anche nel sarcasmo divisivo; dall’altra, chi rivendica un’etica del rispetto, specialmente da parte di chi rappresenta le istituzioni.
Il Nuovo Sindacato Carabinieri ha fatto bene a ricordarlo. Perché ci sono frasi che, anche se dette “scherzando”, possono fare male sul serio.