Due agenti indagati per omicidio colposo dopo la cattura degli assassini del brigadiere Legrottaglie. Il SAP “Servono tutele per chi agisce nell’adempimento del dovere”

FRANCAVILLA FONTANA – La Procura della Repubblica ha emesso un avviso di garanzia nei confronti di due agenti della Squadra Mobile della Polizia di Stato, coinvolti nell’operazione che ha portato alla neutralizzazione dei responsabili della morte del brigadiere dei Carabinieri Carlo Legrottaglie, ucciso il 12 giugno scorso durante un conflitto a fuoco avvenuto nel corso di un inseguimento.

L’iscrizione nel registro degli indagati, formalmente disposta per l’ipotesi di reato di omicidio colposo, si configura — secondo la prassi giurisprudenziale consolidata — come atto dovuto, volto a garantire la piena partecipazione degli indagati alle fasi delle indagini preliminari, compresi eventuali incidenti probatori e l’autopsia sul corpo del deceduto, Michele Mastropietro. Quest’ultimo, secondo quanto ricostruito, sarebbe deceduto nella fase terminale del conflitto a fuoco, avvenuto durante l’intervento delle forze dell’ordine per fermare i presunti autori dell’omicidio del militare dell’Arma.

Il procedimento si concentra sull’eventuale eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi, fattispecie prevista all’art. 55 del codice penale in combinato disposto con l’art. 53, che disciplina l’uso legittimo della forza da parte dei pubblici ufficiali in attività di servizio.

La notizia dell’iscrizione ha suscitato una dura reazione da parte del Sindacato Autonomo di Polizia (SAP). Con una nota ufficiale, il segretario generale Stefano Paoloni ha dichiarato:

“I colleghi hanno operato per fermare soggetti armati, pericolosi e già responsabili dell’omicidio di un servitore dello Stato. Hanno agito nell’ambito dell’adempimento del dovere e con elevata professionalità. Ora, anziché ricevere riconoscimenti, vengono sottoposti a procedimento penale.”
Paoloni ha ribadito che l’avviso di garanzia, sebbene tecnicamente un atto a tutela dell’indagato, produce comunque effetti pregiudizievoli, tra cui il blocco della carriera e la necessità di affrontare spese legali, seppure anticipate dallo Stato, fino a un massimo di 10.000 euro per ciascuna fase processuale, come previsto dal decreto Sicurezza.

Il segretario del SAP ha quindi invocato una modifica normativa:

“È necessario riformare la disciplina vigente affinché, in presenza di cause di giustificazione — come l’uso legittimo delle armi, la legittima difesa o l’adempimento del dovere — si preveda una fase istruttoria preliminare senza immediata iscrizione nel registro degli indagati. Solo all’esito degli accertamenti tecnici e giuridici, eventualmente, si valuti la sussistenza di ipotesi di reato.”
Tra le parti offese individuate dalla Procura nel procedimento compaiono i familiari del defunto Mastropietro: la moglie, tre fratelli e i tre figli minorenni. Il fascicolo resta al momento nella fase delle indagini preliminari e l’esito dell’autopsia sarà determinante per valutare la sussistenza o meno dell’elemento soggettivo della colpa in capo agli operatori di polizia.

Nel frattempo, il caso accende nuovamente il dibattito sul bilanciamento tra la tutela degli operatori delle forze dell’ordine e i principi di legalità e responsabilità penale nell’uso della forza pubblica.

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