Grottaglie(TA): Criminalità senza freni chi era Michele Mastropietro, il rapinatore ucciso dopo l’omicidio del brigadiere Legrottaglie

Una lunga carriera criminale alle spalle, una vita trascorsa ai margini della legalità, e un epilogo violento quanto inevitabile. Michele Mastropietro, il rapinatore di Corsino ucciso durante un conflitto a fuoco con la Polizia di Stato reparto Squadra Mobile, a Grottaglie, è l’ennesimo nome che torna a ricordarci quanto sia profonda e radicata l’emergenza criminale nel nostro Paese. Un nome che non era nuovo alle forze dell’ordine: Mastropietro era già stato condannato nove anni fa per aver fatto parte di un’associazione a delinquere specializzata in rapine a supermercati.

Ma non solo. Nel 2013 aveva preso parte a un assalto armato a un portavalori che trasportava ben 1 milione e 500mila euro. Un colpo da film, per cui era finito nei guai ma evidentemente non a sufficienza da tenerlo lontano dalle armi e dai colpi di pistola.

Il tragico epilogo si è consumato pochi giorni fa: Mastropietro, armato, ha aperto il fuoco contro il brigadiere capo Carlo Legrottaglie a Francavilla Fontana, uccidendolo senza pietà. Una vita spezzata da chi, ancora una volta, aveva già dimostrato di essere un soggetto pericoloso e recidivo. La sua fuga è durata poche ore. A Grottaglie, durante l’intervento delle forze dell’ordine, si è verificato l’ultimo atto: l’uomo ha sparato ancora, ma questa volta la risposta è stata immediata e letale.

Una morte annunciata. E una domanda scomoda: perché era ancora in libertà?

Il caso di Mastropietro è emblematico di un sistema giudiziario che continua a mostrare troppe falle. Un criminale noto, coinvolto in reati gravissimi, condannato, eppure ancora in grado di girare armato e uccidere un servitore dello Stato. La domanda è spontanea.

Come è possibile che un soggetto con simili precedenti potesse essere libero e armato?

Quella che si è consumata in Puglia è una tragedia che non dovrebbe sorprendere nessuno. E invece siamo ancora qui, a contare le vittime e a leggere dossier pieni di “era già noto alle forze dell’ordine”, come se questo potesse bastare a spiegare tutto. Non basta. Non può bastare.

Chi difende chi ci difende?

Carlo Legrottaglie, il brigadiere capo assassinato da Mastropietro, è l’ennesimo uomo delle forze dell’ordine caduto mentre svolgeva il proprio dovere. Il suo nome si aggiunge alla lista, sempre troppo lunga, di chi paga con la vita l’incapacità dello Stato di prevenire e contenere certi individui. Mentre si moltiplicano gli appelli alla sicurezza, gli agenti restano spesso soli, esposti, vulnerabili davanti a una criminalità sempre più armata e spietata.

Ora basta silenzi e retorica. Servono fatti.

L’omicidio di Legrottaglie e la fine violenta di Mastropietro devono essere un punto di svolta. Serve una riflessione vera, non le solite dichiarazioni di facciata. Serve una giustizia che funzioni, pene certe, controlli efficaci, risorse per chi ogni giorno rischia la vita in divisa.

Altrimenti continueremo a piangere vittime annunciate, e a seppellire, insieme a loro, ogni residuo di fiducia nello Stato.

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