Lecce:Perché la Procura ha chiesto gli arresti? La domanda che scuote Lecce e Bari
Undici richieste di misure cautelari, tra arresti domiciliari e interdizioni dai pubblici uffici. Imprenditori, funzionari e nomi noti della politica pugliese sotto indagine. Una domanda, però, rimbalza tra le vie di Lecce e Bari, sui social e nei corridoi delle istituzioni: perché la Procura ha chiesto gli arresti? È stata troppo dura o i reati ipotizzati sono davvero così gravi?
La risposta, come spesso accade, sta nei documenti della magistratura e nelle strategie investigative. In questo caso, il contesto è quello di una inchiesta ampia e delicata, che ruota attorno all’ipotesi di un’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, alla turbativa d’asta e alla frode di finanziamenti pubblici legati ai Pia – i Programmi Integrati di Agevolazione destinati allo sviluppo industriale.
I motivi della richiesta di arresti
Secondo quanto trapela da fonti giudiziarie, la richiesta di misure cautelari avanzata dalla Procura di Lecce – e notificata in queste ore dalla Guardia di Finanza – si fonda su tre elementi chiave:
La gravità delle accuse: si parla di un sistema organizzato e stabile, che avrebbe truccato bandi e pilotato finanziamenti pubblici per milioni di euro. Non un caso isolato, dunque, ma un’azione strutturata, in cui più soggetti – pubblici e privati – avrebbero operato in modo coordinato per ottenere vantaggi economici indebiti.
Il rischio di inquinamento delle prove: trattandosi di reati contro la pubblica amministrazione, spesso documentali, la Procura ritiene necessario impedire che gli indagati possano alterare o distruggere prove, o influenzare altri soggetti coinvolti.
Il pericolo di reiterazione del reato: molti degli indagati ricoprono tuttora posizioni di potere (istituzionale o economico). In assenza di misure restrittive, secondo i magistrati, ci sarebbe il rischio concreto che possano continuare ad agire secondo le modalità contestate.
Chi sono gli indagati
Tra i nomi che hanno acceso l’attenzione mediatica e politica c’è quello di Alessandro Delli Noci, assessore regionale allo Sviluppo Economico, per il quale la Procura ha chiesto i domiciliari. “Ho appreso solo questa mattina di essere indagato”, ha dichiarato, dicendosi fiducioso nella magistratura e pronto a chiarire la propria posizione.
Richiesta di custodia in carcere invece per l’imprenditore Alfredo Barone, considerato una figura chiave dell’inchiesta. Domiciliari anche per Maurizio Laforgia, ingegnere e figlio del presidente dell’Acquedotto Pugliese Domenico Laforgia, per il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Lecce Angelo Mazzotta, e per altri soggetti legati al mondo imprenditoriale e tecnico-amministrativo.
Per quattro indagati – Luciano Ancora, Michele Barba, Corrado Congedo e Giovanni Rapanà – la Procura ha chiesto misure interdittive, ovvero la sospensione dall’esercizio delle funzioni pubbliche o professionali.
Dieci milioni di euro sotto sequestro
A rendere il quadro ancora più serio, ci sono i sequestri preventivi in corso per un valore di circa 10 milioni di euro, riferiti a quattro società ritenute parte del presunto sistema corruttivo. Una cifra che rafforza la convinzione degli inquirenti sull’entità del danno erariale ipotizzato.
Una scelta dura, ma non isolata
La richiesta di arresti in un’inchiesta per reati economici e contro la pubblica amministrazione non è inusuale quando si ipotizza un sistema ben organizzato, con interessi milionari e ramificazioni istituzionali. In questo caso, la Procura di Lecce ritiene che vi siano indizi gravi e un concreto rischio per il prosieguo delle indagini.
Il giudice per le indagini preliminari dovrà ora valutare la fondatezza delle richieste e decidere se accogliere o meno le misure cautelari.
Nel frattempo, resta l’interrogativo che molti si pongono: è giusto usare la misura dell’arresto in fase preliminare? È una domanda legittima, ma che si scontra con un’altra priorità: quella di proteggere la trasparenza, la legalità e l’interesse pubblico, quando si sospetta che questi siano stati compromessi da chi avrebbe dovuto tutelarli.