Basilicata/Melfi: Stellantis verso lo smantellamento? Operai in fuga, silenzi istituzionali e accuse ai sindacati


SAN NICOLA DI MELFI (PZ) – Sta accadendo tutto nel silenzio generale. Nessuno ne parla, nessuno denuncia pubblicamente, ma ciò che l’ex amministratore delegato, Carlo Tavares di Stellantis aveva lasciato intendere mesi fa si sta lentamente avverando: produzione in calo, incentivi all’esodo e smantellamento dei macchinari, come già accaduto a Termoli. Anche a Melfi il rischio è concreto, se non già in atto.

A pochi giorni dall’annuncio dei 500 esuberi incentivati entro il 2025, la realtà sembrerebbe già definita. Lo racconta un operaio che ha deciso di accettare l’incentivo all’esodo:

Un operaio dichiara “Proprio l’altro giorno, vicino alla direzione, mi è arrivata la voce che siamo già in 500. Il numero è stato raggiunto”.
Una soglia che chiude, di fatto, la prima fase del ridimensionamento. Chi lascia oggi riceverebbe circa 100mila euro tra TFR e mensilità, una somma considerata sufficiente per “chiudere la partita”, in un contesto di totale sfiducia nel futuro dello stabilimento.

Non ci fidiamo più di Stellantis, almeno in Italia. Meglio prendere adesso quei soldi, piuttosto che restare a rischiare il nulla”.
Il timore di una nuova cassa integrazione
Il nodo è sempre lo stesso: i nuovi modelli promessi non convincono.

“I 7 nuovi modelli non tireranno affatto, lo sanno tutti. Entro qualche anno a Melfi resteranno solo 2000 operai, forse meno. A quel punto partirà una nuova cassa integrazione per calo produttivo, e poi… chi mandano via prima?”
Uno scenario percepito dagli operai come una roulette russa occupazionale, dove l’incertezza e la paura prevalgono su qualsiasi ipotesi di rilancio industriale. È per questo che molti stanno scegliendo volontariamente di uscire, contando sull’indennità e sui due anni di NASpI, prima di ritrovarsi senza nulla.

Un clima di sfiducia e tensione in fabbrica
Oltre al ridimensionamento economico, si respira un forte malessere relazionale all’interno dello stabilimento.

“Ti imbatti sempre negli stessi capi, arroganti e presuntuosi. Nessuna umanità, gruppi chiusi e atteggiamenti provocatori. È tutto un esasperare finché qualcuno perde la testa”.
Racconti di lavoro alienante, mancanza di qualità, richiami frequenti, turni stressanti e un senso generale di abbandono:

“Torni a casa a pezzi, tutto è frenetico, senza pause. È normale poi che le auto non escano perfette.”
Sindacati nel mirino: “Complici e ipocriti”
A peggiorare il quadro, secondo gli operai, è il ruolo dei sindacati, accusati di connivenza con l’azienda e di aver firmato accordi peggiorativi negli anni passati.

“Ora fingono di voler salvare lo stabilimento, ma è troppo tardi. Quando siamo stati in trasferta abbiamo visto come si lavora altrove: meno autoritarismo, più collaborazione. Qui invece sembra un regime”.
La stoccata finale è amara:

“Se le cose a Melfi sono degenerate così, la colpa è anche loro. Quanta ipocrisia da parte di chi avrebbe dovuto difenderci”.
Un silenzio che pesa
Mentre tutto questo accade, nessuna voce ufficiale si leva, né dalla politica, né dalle istituzioni locali, né dai vertici industriali. Il rischio è che Melfi – un tempo fiore all’occhiello dell’industria automobilistica italiana – venga smontata pezzo dopo pezzo, nel silenzio e nell’indifferenza generale.

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