DOMENICO MILELLA- EX BRACCIO DESTRO DI EUGENIO PALERMITI, RIVELA I SEGRETI DEI TRAFFICI NELLE CARCERI PUGLIESI

Il collaboratore di giustizia, Domenico Milella pentitosi, ex braccio destro del boss di Japigia Eugenio Palermiti ,ha effettuato una serie di dichiarazioni che hanno messo in discussione il sistema di controllo delle carceri in Puglia e non solo in tutta l’Italia.Se analizziamo le ultime operazioni effettuate dalla Polizia penitenziaria in quasi tutta l’Italia ci rendiamo conto che il sistema di controllo viene bay-passato o per astuzia dei parenti dei detenuti o dalla mancanza di controllo efficienti da parte della Polizia penitenzia o dalla compiacenza di qualche poliziotto penitenziario accondiscendente.

Le sbarre di ferro avrebbero dovuto delimitare con un solco profondo il mondo del malaffare dal quale provenivano di chi è detenuto.

Invece le barre di ferro incrociate si sono rivelate inutili. Il collaboratore di giustizia Domenico Milella ha dichiarato che nelle carceri baresi almeno fino a quando lui era detenuto e poi pentitosi passando ad altro regime, un gruppo di detenuti è riuscito ad approvvigionarsi di telefoni cellulari (per comunicare con l’esterno), di sostanze stupefacenti e di altri beni futili violando ogni genere di regolamento. E questo grazie alla complicità di parenti che riuscivano a nascondere detto materiale in maniera tale da non farla rilevare ai controlli.Entrava di tutto e di diverse tipologie di regali, come scarpe, tute delle Nike e stecche di sigarette, cibo, vino, cocaina qualsiasi sostanza stupefacente.Cellulari li aveva quasi il 30 per cento dei detenuti. Arrivava- sempre in base alle dichiarazioni del Milella – tutto di più.All’interno delle carceri esisteva la stessa gerarchia che esiste fuori nella strada nei vicoli di Bari e provincia. Fuori o dentro non esisteva nessuna differenza anzi dentro eri trattato molto meglio e avevi anche l’assistenza ai famigliari che stavamo fuori senza un reddito.

Questo è quanto detto dal collaboratore di giustizia che ha fatto scoperchiare un sistema di traffico all’interno delle carceri.La Direzione distrettuale antimafia Bari ha aperto un’inchiesta che oggi è sfociata nell’esecuzione di ordinanze di custodia cautelare, tra carcere e arresti domiciliari.Ci sono accuse contestate a vario titolo, di associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e corruzione per commettere atti contrari .Ci saranno dei provvedimenti restrittivi, firmati dal giudice per le indagini preliminari che metteranno un freno a questo traffico .Le dichiarazioni hanno creato delle posizioni odiose e aperto un’inchiesta che poggia quasi esclusivamente sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, ex malavitoso proveniente da clan Palermiti, e che in momenti diversi sono transitati nel penitenziari pugliesi. Alcuni di loro sostengono di avere preso parte attività a questi business illeciti, accreditandosi come narratori di rilievo degli illeciti contestati.

Esisteva una sorta di ‘tariffario’ per ricompensare l’ingresso di detto materiale in carcere ,la droga invece valeva tra i 300 e i 400 euro, 300 euro era invece il costo di ciascun telefonino cellulare. Ma era lo spostamento dei detenuti, in favore degli stessi, ad avere il costo maggiore. Una cifra considerata di passaggio , ma che i detenuti erano disposti a versare in un preciso reparto del carcere. Chi gestiva il business era quella di avere al proprio fianco detenuti intenzionati a fare parte del business oppure malavitosi del gruppo di appartenenza con il quale condividere segreti e attività.

Un gioco smascherato da alcuni collaboratori di giustizia. «Si vendeva le celle – Riceveva soldi dai detenuti e dai loro familiari, all’esterno del carcere, per consentire i cambi di stanze e mettere i detenuti nelle celle con i compagni che volevano”. Ne sentiremo delle belle e ne vedremo ancora perché le indagini sono in corso sia in Puglia che nelle altre regioni.

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