Gratteri: «Vogliono la patente della commissione antimafia alle Regionali ,non serve, presentano i prestanome dei boss»

Nicola Gratteri in occasione della terza edizione dell’International Annual Meeting “Sud e Futuri, Rinnoviamo il Mezzogiorno”, promosso dalla Fondazione Magna Grecia e dal Comune di Scilla,non si è lasciato condizionare o limitare da nessuno,soprattutto in merito all’appuntamento alle urne per i calabresi del mese prossimo, in particolare sulla candidabilità dei politici in lista e sul lavoro svolto dalla Commissione antimafia, che ha effettuato con un appurato controllo sulle liste inviate anticipatamente da alcuni partiti,ha dichiarato senza mezzi termini o giri di parole come è suo fare,

«In Calabria,come in altre regioni del nord,dove le diverse mafie sono radicate, si sta tentando di far passare delle verifiche preventive delle liste, ma in sostanza non è che cambi molto. Si controlla se i candidati hanno avuto delle condanne. Non si risolve il problema con la patente antimafia ma con la serietà della politica. È ovvio continua spiegando- pressato dalle domande dei giornalisti Paola Bottero e Alessandro Russo – che un capomafia non si presenterà ma, per esempio, se in un paese di 5 mila abitanti in una lista si inseriscono persone vicine a lui è evidente che si sa chi c’è dietro queste candidature, perché nei piccoli centri si sa tutto. Invece non c’è più etica, non ci si vergogna più di nulla. Su un piano politico, morale ed etico si deve essere in grado di stabilire se un candidato ha la statura per dare un contributo per un reale cambio di passo. Chi fa le liste sa perfettamente chi inserisce e non ci sono alibi per nessuno. La commissione antimafia si limita a chiedere alla Procura se i candidati hanno condanne, ma non si candidano in prima persona i boss, ma giovani di bella apparenza e belle speranze sui quali non si può dire nulla. È chiaro, però, che diventano a tutti gli effetti dei prestanome».

«Senza aspettare una eventuale condanna definitiva – continua Gratteri – si dovrebbe essere in grado sul piano morale ed etico di valutare se un candidato ha la statura e le competenze per fare progredire il territorio in cui si candida».

Lei perché Gratteri non vuole mai candidarsi? «Sono un decisionista, non posso fare politica. Ogni giorno partecipo a diverse riunioni, dico le cose solo una volta e quando le dico per me è fatta. E poi sono abituato a scegliermi i miei collaboratori e non amo la mediazione. Con la mediazione non fai la rivoluzione ma solo robetta, palliativi e a me non interessa».

Un’altra piaga che ha afflitto il territorio del centro sud , specialmente quest’estate, sono stati gli incendi. Secondo Gratteri, per contrastarli, si possono fare tre cose: «Innanzitutto, non rinnovare il contratto per i canadair. Poi non autorizzare più gli straordinari ai forestali e infine coinvolgere i detenuti, non tutti ovviamente, diciamo quelli comuni, adottando lo stesso metodo che si utilizza con i tossicodipendenti nelle comunità di recupero per ricostruire la loro personalità, impegnandoli a lavorare sul territorio otto ore al giorno.Facendo così, non ci saranno più incendi».

Che pensa della Giustizia?Ricordo quando si è insediato questo Governo e si parlava di riforma del processo civile. Hanno detto che dovevano fare la riforma perché altrimenti l’Europa non avrebbe dato fondi. Ma per me è umiliante sentire dire una cosa del genere. Poi arriva la riforma del processo penale e si parla di “improcedibilità”. Tutti i partiti hanno votato questa riforma che prevede che dopo la condanna di primo grado se non c’è una condanna in appello entro 2 anni o in Cassazione entro un anno non si possa più procedere».

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