IL COMMISSARIAMENTO DEL COMUNE DI FOGGIA E LA LOTTA ALLA CRIMINALITÀ MAFIOSA: UN OSSIMORO CHE PUÒ DISTRUGGERE LA COMUNITÀ

L’ossimoro e’ una figura retorica che viene in evidenza quando parole e concetti opposti vengono utilizzati insieme nella stessa frase e nello stesso periodo.
Il commissariamento del Comune di Foggia, come quelli di Cerignola e Manfredonia, per infiltrazioni della criminalità mafiosa sembrano essere in contraddizione e in antitesi con l’obiettivo da perseguire e con lo scopo dello strumento utilizzato dal Ministero dell’interno per la lotta alla criminalità organizzata. Innanzitutto, una riflessione preliminare: il Comune di Foggia è stato commissariato dopo lo scioglimento del consiglio comunale, a seguito delle dimissioni del Sindaco, sottoposto a misure penali restrittive della libertà personale, poi annullate. L’art.143 del testo unico sugli enti locali prevede che si possa procedere al commissariamento dei comuni anche nel caso, come quello di Foggia, in cui il consiglio comunale sia già stato sciolto. Il Consiglio di Stato con una bella sentenza n.2793 del 2021 ritiene che i vecchi amministratori, il sindaco e i consiglieri del comune commissariato abbiano interesse ad impugnare il decreto di scioglimento anche se non vi è possibilità di ripristino del Consiglio comunale. Rimane per essi un interesse morale a che il loro operato di amministratori non sia collegato alla criminalità organizzata.
Tutto giusto.
Ma c’è un punto problematico sia nella normativa che prevede il commissariamento per 18 mesi del comune sciolto per infiltrazione mafiosa sia nello strumento straordinario utilizzato.
L’interesse dei cittadini del comune commissariato per mafia non viene preso in considerazione. Eppure uno dei presupposti in fatto per il commissariamento, secondo noi il principale, è il condizionamento da parte delle organizzazioni criminali tale ‘da determinare un’alterazione del procedimento di formazione di volontà degli organi elettivi ed amministrativi’.
Così scrive il legislatore nazionale.
Quindi, come cittadini, professionisti, imprenditori, artigiani, dirigenti operai e impiegati, disoccupati o inoccupati residenti nel Comune di Foggia non possiamo esercitare il diritto di rinnovare il consiglio comunale ed eleggere il sindaco, dopo lo scioglimento degli organi elettivi non per mafia, ma perché per almeno 18 mesi c’è il sospetto senza contraddittorio che il nostro voto verrà condizionato dalla mafia.
Poi dopo 18 mesi, quando ne’ il segretario generale, ne’ dirigenti e/o dipendenti comunali ne’ gli ex amministratori locali saranno interessati da provvedimenti definitivi e inoppugnabili di licenziamento o di accertamento di responsabilità penale per i rapporti con la criminalità mafiosa che avrebbero determinato il commissariamento, noi cittadini foggiani avremo la possibilità di uscire dal limbo amministrativo della amministrazione comunale senza i suoi organi elettivi ed esercitare il diritto di voto.
Ma non ci libereremo mai del marchio di infamia di essere, come comunità, condizionabili dalla mafia nella determinazione del nostro consenso.
E non solo per 18 mesi. Per sempre.
Certo potremo partecipare alle elezioni nazionali se si dovessero tenere prima della scadenza naturale dell’attuale legislatura o a quelle regionali se – per esempio ed è solo un esempio di scuola o di salute pubblica – l’attuale amministrazione regionale dovesse essere sciolta. Come potrebbe accadere per la Regione Basilicata a seguito dell’inchiesta portata avanti dalla Procura di Potenza, cioè si dovesse prospettare una simile situazione di commistione tra politica, amministrazione della cosa pubblica e imprenditoria della sanità privata, tale da far scattare gli estremi dell’associazione a delinquere di tipo politico-mafioso per fini elettorali e per interessi personali.
Ma per 18 mesi non potremo eleggere amministratori comunali.
La mafia può condizionare il voto locale comunale di una città di oltre 170.000 abitanti ma non ha interesse, evidentemente, a condizionare il nostro consenso a livello nazionale e regionale.
Al di là di ogni altra considerazione sulla coerenza del dato legislativo, come cittadini foggiani, soprattutto dopo l’esperienza pirotecnica di fine anno di Iaccarrino e quella ancora più esplosiva dei suoi ex colleghi amministratori, non abbiamo bisogno di 18 mesi per maturare un libero consenso sulla nuova classe di amministratori comunali che dovranno dirigere la ‘vecchia’ macchina amministrativa, con gli stessi dirigenti e dipendenti di prima, al netto dei pensionamenti.
Stiamo riflettendo pertanto sulle possibilità che il decreto di commissariamento sia impugnato davanti al TAR e/o davanti al Tribunale di Foggia non dagli ex amministratori, che già non erano più in carica, ma dei cittadini foggiani, ritenuti collusi per legge a termine con la mafia, che con la mafia foggiana presunta o effettiva non hanno mai avuto alcun rapporto o, se la conoscono, non sono da essa condizionabili.
Il danno morale lo abbiamo subito noi, noi cittadini.
E, leggendo il decreto di commissariamento e la indeterminatezza di certe accuse, che non appaiono collegate neanche in minima parte al consenso elettorale a suo tempo avuto dall’amministrazione Landella II, crediamo di essere gli unici legittimati a impugnare il provvedimento e il marchio di infamia che esso comporta per le nostre professioni e le nostre attività lavorative, sociali ed economiche. E che distrugge la nostra comunità in modo discriminatorio rispetto ad altre situazioni di collusione mafiose ben più meritevoli di attenzione da parte degli inquirenti e delle prefetture interessate (e dello stesso Presidente della Repubblica per le amministrazioni regionali).
Poi ce lo ricordiamo bene quando la polizia giudiziaria lamento ed accertò situazioni di possibile voto di scambio alle amministrative comunali precedenti.
Ma non successe nulla, allora, e non c’è nessun riferimento, oggi, nel decreto.
Vorremmo capire anche qualcosa sui tempi dei commissariamenti comunali, quando riguardano importanti capoluoghi di provincia come Foggia.
Se la richiesta è stata fatta per la prima volta a marzo 2019 con il primo governo del foggiano Conte, ed è stata reiterata nel novembre 2019 con il governo II sempre del foggiano Conte, perché il commissariamento prefettizio di accesso agli atti è stato autorizzato solo sotto il nuovo governo Draghi è l’insediamento dei commissari è avvenuto soltanto il 9 marzo 2021, due anni dopo la prima richiesta?
Perché quando il voto di scambio elettorale e i favori vengono fatti alla luce del sole e sono documentati e/o documentabili, come sta accadendo in quel di Lucania anche per realtà pugliesi, l’autorità inquirente non interviene o interviene solo quella di Potenza?
Vogliamo capire.
E per capire vogliamo sapere se i cittadini foggiani e della provincia di Foggia vogliono subire il marchio di disonore o hanno capacità di reagire come comunità.
Magari impugnando insieme

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