Covid, senza presidio del territorio e sanzioni il baratro è dietro l’angolo

Via Sparano a Bari. Corso Vittorio Emanuele a Foggia. Immagini di irresponsabilità e superficialità. Vita sociale che scorre come se non fossimo piombati nuovamente in un incubo peggiore di quello vissuto a marzo.  Mentre la politica e le istituzioni si accapigliano su competenze e poteri, su didattica a distanza ed in presenza, su zone rosse, gialle ed arancioni, tutto sembra procedere come se l’emergenza fosse contenuta e sostanzialmente sotto controllo. Nonostante i numeri e la curva dei contagi raccontino che il lockdown generale e totale su scala nazionale si avvicina a grandi passi. Gli ospedali sono prossimi al collasso – per la colpevole assenza di una adeguata preparazione istituzionale, sebbene vi fossero il tempo ed il dovere di attrezzarsi –, la scuola è totalmente in confusione. Lo abbiamo raccontato nei giorni scorsi, documentando con foto eloquenti una città in cui le strade sono colme di ragazzi, in cui non si rinuncia all’uscita del sabato sera in comitiva, in cui la passeggiata in centro è un rito che non ha subito alcun rallentamento. Neppure la chiusura anticipata di pizzerie, ristoranti, bar e locali ha prodotto effetti rilevanti. Neppure le immagini delle code delle ambulanze in fila davanti al Pronto Soccorso degli Ospedali Riuniti hanno determinato un ravvedimento. La consapevolezza della gravità della situazione continua ad apparire molto bassa. E intanto il Covid prosegue la sua corsa. Troppo veloce per un tracciamento già saltato, per un’assistenza ospedaliera sempre più complicata, per una soverglianza domiciliare che la medicina territoriale è incapace di assicurare, per una organizzazione dei tamponi insufficiente e lenta. Si affollano ancora strade e piazze, si praticano a singhiozzo, soprattutto tra i più giovani, il distanziamento ed il corretto utilizzo delle mascherine. Una situazione esplosiva, resa ancor più pericolosa dal livello troppo tenue dei controlli e delle sanzioni. Perché è oggi più che mai che quel rigore dimostrato durante la prima ondata andrebbe replicato e intensificato. Dal centro alla periferia, dalle piazze di ritrovo delle giovani generazioni al cosiddetto “Quartiere ferrovia”, dove l’anarchia regna sovrana. Non c’entrano la razza o l’etnia. Ciò che serve è un presidio del territorio capillare ed efficace. Da parte di tutte le articolazioni dello Stato: dalla Polizia Locale alle Forze dell’Ordine. Quando la disciplina non è avvertita come un dovere, va imposta. Con rigore e senza distrazioni, dal momento che ogni giorno che passa il baratro diventa più vicino.  È questa l’unica via per proteggere i più deboli, gli anziani, gli immunodepressi, i portatori di patologie pregresse sui quali il virus impatta in modo violento e spesso mortale.  Le decisioni impopolari non sono solo quelle della politica che abbassa per decreto le saracinesche degli esercizi commerciali. Sono anche quelle di chi è chiamato ad affermare la presenza dello Stato, facendosi scivolare addosso le accuse di terrorismo psicologico o di deriva da “Stato di Polizia”. Famiglie e cittadini devono fare la loro parte. Ma i comportamenti a rischio vanno puniti e la città sorvegliata. In modo da rendere possibile quella “convivenza” con il virus che tra poco, di questo passo, sarà impossibile. Anche per permettere a tutti di poter vivere senza essere costretti a restare rinchiusi tra le mura di casa e al tessuto economico di non crollare definitivamente. Vigilanza e sanzioni non annullano né cancellano la socialità. Al contrario, la rendono compatibile con l’emergenza, la difendono nelle forme che è possibile coltivare. Scongiurando il divieto di uscire. Non servono delatori o segnalazioni quando il sistema dei controlli funziona. Ed oggi, purtroppo, non accade nella misura in cui sarebbe necessario. In questa battaglia senza precedenti c’è bisogno di comportamenti esemplari e di esercitare un’autorità vera e reale, non solo di scrivere prescrizioni o raccomandazioni illustrate a reti unificate all’ora del tg della sera.  

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